SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE SUL CONTRATTO STATALI
LA MONTAGNA HA PARTORITO IL TOPOLINO…
Circa 35 miliardi di euro. Questa era la cifra enorme (e non vera) che lo Stato aveva furbescamente fatto circolare prima della decisione della Consulta sulla costituzionalità del blocco degli stipendi degli statali.
Da 5 anni a questa parte, infatti, quasi tutti i dipendenti pubblici hanno avuto il salario congelato, senza aumenti e senza scatti di anzianità, tranne ricordiamolo una parte che ha visto comunque riconoscersi l’adeguamento correlato alle progressioni di carriera.
Un blocco degli stipendi nel pubblico impiego deciso per la prima volta nel 2010 dal Governo Berlusconi. Doveva essere una misura temporanea e si è invece arrivati fino all’autunno scorso quando Renzi ha detto di non avere i 4 miliardi per sbloccare gli stipendi nel 2015.
Già in passato la Corte Costituzionale è stata chiamata a decidere sulla legittimità del blocco degli stipendi nel pubblico impiego e ha rigettato i ricorsi. Tuttavia, ora si confidava in una vittoria poiché i giudici della Consulta, pur dando ragione allo Stato, avevano sottolineato la necessità che il congelamento dei salari avesse sempre e solo un carattere straordinario e d’urgenza.
Una situazione molto simile a quella verificatasi di recente per il blocco delle pensioni del 2012-2013, che ha portato alla discussa sentenza della Consulta del 30 aprile scorso.
Secondo l’Avvocatura dello Stato, stavolta, l’emergenza finanziaria attraversata dall’Italia negli ultimi anni ha giustificato il blocco degli stipendi.
Molti di noi ricorderanno, negli anni passati, i ricorsi persi sulla RIA per una simile motivazione.
Com’è finita?
Ebbene, la montagna ha partorito il tavolino.
La Corte costituzionale ha riconosciuto incostituzionale il blocco dei contratti, ma senza concedere gli arretrati ai circa 3.200.000 dipendenti pubblici.
Una decisione veramente incongruente anche con altre sentenze dalla stessa Consulta che, appena poche settimane fa, aveva deciso che non si potevano tagliare pensioni superiori a 3.000 euro al mese ed ora permette che si possano bloccare stipendi di lavoratori attivi di circa 1.300 euro al mese!
Alla fine, quindi, anche se speravamo finisse diversamente, la legittima iniziativa dei ricorsi – forse utilizzata per qualche iscrizione in più chiedendo ai colleghi di versare 1 euro per aderire al ricorso altrimenti non avrebbero avuto diritto agli arretrati – non ha fornito altro risultato che la conferma, peraltro già anticipata dal Governo nel 2014, di riavviare le trattative dal 2016.
Il fatto che nell’ultimo Def (Documento di economia e finanza) 2015 siano contenute le stime di quanto serva per dar corso ai rinnovi (1,7 miliardi nel 2016, 8,8 nel 2017) e le indicazioni, alcuni mesi fa, di Yoram Gutgeld, consigliere economico di Matteo Renzi e commissario alla spending review, di rinnovare i contratti dal prossimo anno ne sono la conferma.
Sostanzialmente una “vittoria di Pirro”…
Occorre ora immediatamente aprire la contrattazione e strappare al Governo quello che la Corte costituzionale ci ha ignobilmente negato!