IL RICORSO DEL RICORSO – OCCHIO ALLE BUFALE ED AL CONCRETO RISCHIO RISARCIMENTI

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È di questi giorni l’iniziativa di alcuni sindacati che per pubblicizzarsi hanno lanciato l’ennesimo ricorso sul mancato rinnovo dei contratti.

Peccato  però che ci abbia già pensato la Corte Costituzionale qualche mese fa.

Comunque sia, ogni iniziativa a favore dei dipendenti pubblici è lodevole, ma deve essere realistica e per questo tendiamo a valutarla con attenzione per evitare che i nostri colleghi, in attesa di un contratto da anni, alla fine possano rimetterci più di quello che dovrebbero ricevere.

Il ricorso in questione è chiaramente conseguenza del buco nell’acqua ottenuto con il ricorso presentato, probabilmente dagli stessi che oggi lanciano questo ennesimo ricorso alle Istituzioni europee, per lo sblocco dei contratti che alla fine, però, ha partorito la sentenza della Corte Costituzionale n.178 del 24/06/2015 – pubblicata in GU il 30/07/2015 – che, ricordiamocelo, ha attestato il diritto alla contrattazione, ma anche confermato il diritto del Governo a sospendere i rinnovi contrattuali e quindi escluso risarcimenti ed arretrati per periodi pregressi!

Leggendo con attenzione la proposta di ricorso, ed i documenti rilasciati agli interessati, possiamo affermare che trattasi di propaganda sindacale e nemmeno ben mascherata,

Di fatto il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, così come è stato impostato ed alla luce della sentenza della Corte Costituzionale richiamata, non è percorribile perché l’oggetto dell’istanza è lo stesso già trattato e deciso dalla Corte Costituzionale italiana e ciò rende di fatto il ricorso irricevibile.

Ancor meno la CEDU, ai sensi proprio della Convenzione, può disporre indennizzi, ma solo eventualmente richiamare lo Stato convenuto.

Se poi, invece, il tutto nasce dall’intento, non dichiarato ufficialmente, di fare qualche iscritto e di tentare qualche ricorso presso taluni Tribunali qua e là in Italia, beh allora è serio e concreto il rischio di condanna alle spese legali perché il Giudice adito non potrà fare altro che constatare che la materia oggetto del ricorso è già stata esaminata e trattata dalla Corte Costituzionale.

Ma vediamo alcuni punti di questa iniziativa legale:

  • il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) può essere presentato anche da una organizzazione sindacale senza coinvolgere i lavoratori ed il patrocinio è solitamente gratuito;
  • le violazioni della Convenzione dei diritti dell’uomo, qualora sussistano, devono essere invocate al giudice nazionale e fino all’ultimo grado. Solo dopo si può ricorrere alla CEDU. Come prevede esplicitamente il regolamento comunitario (35 della Convenzione), è essenziale prima esaurire tutti i gradi di giudizio nel proprio Paese fino al Giudice supremo;
  • la CEDU non riconosce indennizzi, ma può solo eventualmente disporre (art. 41 della Convenzione e art. 60 del Regolamento della Corte)  un richiamo allo Stato convenuto di rimuovere dall’ordinamento le condizioni che rendono impossibile il rinnovo contrattuale. Per nostra fortuna, un ordinamento democratico in Italia esiste e prevede tali garanzie tant’è che la Corte Costituzionale si è già espressa a riguardo con sentenza n.178/2015 ;
  • il termine massimo per ricorrere alla CEDU è di 6 mesi. Quindi, se ci riferiamo alla decisione delle sentenza della Corte Costituzionale tale termine è scaduto. Se poi l’intento è ricominciare la trafila daccapo attraverso il giudice nazionale e sugli stessi argomenti già esaminati dalla Corte Costituzionale, allora “campa cavallo” e buona fortuna …

Scadenze e costi:

  • la documentazione può essere presentata “entro 31 ottobre 2016”. Alla faccia dell’urgenza! Verranno di sicuro prima avviate le contrattazioni per il rinnovo CCNL facendo decadere ogni pretesa;
  • circa 200 euro + iscrizione al sindacato fino alla conclusione del lungo iter giudiziario (non meno di 6 anni per i tre gradi di giudizio in Italia necessari per poi ricorrere alla CEDU) e in caso di recesso il ricorrente sarà tenuto a corrispondere tutte le spese e l’intero compenso ai legali (ben 4);
  • nessuna garanzia in caso di soccombenza e di condanna alle spese legali per i procedimenti dell’intero e lungo iter giudiziario.

In sintesi, l’iniziativa, insieme alla forse voluta genericità complessiva, ci appare solo di natura propagandistica.
Sono, infatti, gli stessi promotori di questa iniziativa, in un altro comunicato, che parlando della Sentenza della Corte Costituzionale del luglio 2015, affermano: “La dichiarata illegittimità sopravvenuta, pur essendo uno straordinario risultato visto lo scenario di riferimento, rende ovviamente più difficile la battaglia per vedere riconosciuto il danno subito in termini di perdita del potere d’acquisto per i 6 anni di blocco“.

Che significa? Che è molto concreta, atteso la presenza di una precisa e dettagliata sentenza della Corte Costituzionale (come riportato in un parere legale allegato qualche tempo fà ad un nostro comunicato) la possibilità di vedersi condannare nel lungo percorso al risarcimento di sostanziose spese legali di molto superiori all’aumento contrattuale che si intende sbloccare!

Insomma, un ricorso che sarà presentato non si sa quando, che sarà dichiarato irricevibile e che rischia di costare più dell’aumento contrattuale vantato!

Non possiamo che diffidare da simili iniziative che sviliscono ancora di più l’immagine del sindacato. Un sindacato, in questi casi, più interessato alle proprie risorse che alla vera tutela dei lavoratori.
Lavoratori che in questa situazione rischiano di rimetterci ben più dell’eventuale rinnovo contrattuale le cui trattative saranno riavviate al massimo entro l’autunno.

Invitiamo spassionatamente i colleghi a valutare con attenzione l’iniziativa alla luce di quanto sopra e di tenersi alla larga da ricorsi senza alcuna chance e oltremodo rischiosi.

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