La mobilità nel Ministero dell’Interno: un labirinto burocratico che la rende inesistente

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2024 – Anno del Cambiamento

La mobilità nel Ministero dell’Interno: un labirinto burocratico che la rende inesistente.

Il 2024 doveva essere l’anno in cui la mobilità volontaria avrebbe offerto nuove opportunità ai colleghi, permettendo loro di avvicinarsi alle proprie case e alle proprie famiglie. Invece, ci troviamo di fronte a un paradosso: un regolamento che sembra più un miraggio che una realtà concreta.

A gennaio, il dibattito sul nuovo regolamento di mobilità ha sollevato molte perplessità. Si parlava di mobilità volontaria annuale e di mobilità per i beneficiari della legge 104 ogni sei mesi. Tuttavia, da allora, nessuna procedura è stata attuata, tranne che per le commissioni territoriali. E ora, con il concorso su base regionale per 1248 funzionari, si assiste a un altro atto di questa commedia dell’assurdo: l’assenza del preventivo esperimento della mobilità volontaria.

I funzionari in servizio, che speravano in una politica di mobilità equa e trasparente, si sentono traditi. La loro aspirazione di riavvicinarsi a casa viene ignorata, mentre i nuovi assunti sembrano avere la precedenza nell’assegnazione delle sedi. È un colpo basso per chi ha dedicato anni di servizio al ministero, un segnale che sembra dire: “La vostra fedeltà e il vostro impegno non contano nulla!”.

Invece, con una recente comunicazione sul tema, l’Amministrazione ha comunicato che si considera “espressamente dispensata” dall’attuare la mobilità fino al 31 dicembre 2024 (salvo proroghe). Questa scelta, apparentemente legittima, nasconde una realtà più amara che penalizza il personale contrattualizzato, che vede le proprie legittime aspettative calpestate. E mentre per la dirigenza si è trovato il modo di attuare una mobilità volontaria, per il resto del personale si conferma l’immobilismo.

La situazione è tanto più grave perché già si è ridotto a meno del 40% la percentuale di vincitori e idonei che restano in servizio dopo il periodo di prova, ed in questo modo si incentiva il personale ad abbandonare questa amministrazione che utilizza senza scrupoli, e priva di diritti, il personale civile del comparto. Senza la possibilità di avvicinarsi a casa e senza una politica del personale chiara per una giusta opportunità di carriera i colleghi si trovano costretti a prendere decisioni drastiche.

La domanda sorge spontanea: Perché questa divisione tra chi può sperare in una mobilità e chi viene lasciato indietro? La risposta è ingabbiata in un labirinto burocratico, dove le false promesse di cambiamento si scontrano con la realtà di una gestione cinica e scorretta.

In conclusione, il Regolamento della mobilità del Ministero dell’Interno è diventato un simbolo di immobilismo, un documento che, anziché facilitare, complica la vita di chi lavora per lo Stato. È tempo che i colleghi si rendano conto che tutto questo è generato anche dalla assenza di una chiara voce collettiva di protesta e da uno schieramento sindacale complice.

Non è solo una questione di mobilità, ma di giustizia e di riconoscimento del valore del lavoro pubblico.

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